COACHING

ONE SHOT, ONE LIFE:
COGLIERE L’ATTIMO

Marzo 2020 – senza aggiungere ulteriori commenti a quell’anno “particolare”. Invece di scrivere un altro post riguardo al lavoro sulle life skills, decisi che potevo parlare delle competenze per la vita attraverso le immagini. E quale idea migliore se non cercare gli scatti che più mi emozionavano e chiedere agli stessi autori di partecipare al progetto? E grazie alla collaborazione di 16 entusiasti fotografi, è stato creato qualcosa che va al di là del progetto in sé, qualcosa di potente, emozionante e vero, basato sulle potenzialità dell’essere umano.

Se vuoi commentare le foto, o scrivere direttamente ai fotografi, puoi farlo attraverso il social che preferisci: nel post su LinkedIn, nel post su Facebook oppure nel post su Instagram.

Decidere di Giorgia Chinellato

La foto è un ritratto di Alessio Petrarchi della Tappezzeria Petrarchi di Firenze. Nasce dalla connessione tra “Teatro in Bottega”, un format che ho ideato insieme al regista veneziano Mattia Berto, e l’azienda italiana “ColorVision fabbrica e occhiali”. Il progetto fotografico e video ha coinvolto venti botteghe fiorentine, con i loro abili artigiani e sapienti commercianti.

Decidere l’inquadratura, la luce e il giusto punto di vista in un ritratto ha per me una dimensione istintiva. Parte del mio approccio fotografico richiede tempi decisionali più lunghi, legati soprattutto alla fase progettuale e ideativa. Tuttavia, il momento dello scatto mi porta spesso a prendere decisioni rapide e istintive, influenzate dal rapporto con il soggetto e dalle fonti di luce disponibili. In questa foto, ho scelto di utilizzare come unica sorgente luminosa la lampada sopra la macchina da cucire e un piccolo lumino sul tavolo di lavoro.

Scattare una fotografia permette non solo di “fermare” un istante, ma anche di decidere cosa mostrare di esso. La luce centrale mi ha consentito di evidenziare l’abilità artigianale: mani, sguardo e strumento.

Problem solving di Ilaria Mocali

Londra, Tate Modern. Ero andata a visitare la galleria per fotografare una scala vista online. Tuttavia, come spesso mi succede, mi sono persa tra le linee e le geometrie semplici che certi edifici regalano alla vista. Questo scatto mi è particolarmente caro perché racchiude l’attimo fuggente e la rapidità di pensiero e azione tipica di quei momenti.

Ricordo che stavo per uscire dalla galleria, pronta a riporre la reflex nello zaino, quando mi sono girata e ho visto due gemellini gattonare nel mezzo di una stanza immensa, fino a poco prima piena di persone. L’istinto mi ha spinto ad alzare subito l’obiettivo, mettere a fuoco e scattare una serie di foto per fermare quell’attimo irripetibile. La scena trasmetteva complicità, supporto, confronto, scoperta e condivisione di esperienze.

Riguardando la foto, ho riflettuto su quanto sia fortunato poter risolvere problemi avendo accanto una persona complementare, in perfetta sinergia e assoluta simbiosi, ma con un punto di vista unico e diverso.

Pensiero critico di Iris Pasi

Era la mia prima volta. Non avevo mai assistito a un’intera lezione di Ju-Jitsu e non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Mi sono presentata puntuale, portando con me solo la mia macchina fotografica e una buona dose di curiosità mista, lo ammetto, a un pizzico di agitazione. Entrata nella sala, ho scambiato qualche parola con i presenti e, quando l’insegnante ha dato il via alla lezione, mi sono posizionata in un angolo per osservare. Volevo capire.

Il tatami ha preso vita, diventando un palcoscenico dove i corpi si avvicinavano, afferrandosi e aggrovigliandosi, per poi lasciarsi cadere, creando complesse composizioni in movimento. Non c’era aggressività né impulsività: ogni presa, calcio, pugno o caduta era controllata e modulata in base all’azione dell’altro. Era un gioco di forze equilibrato, sempre nel rispetto reciproco. Affascinata, non ho resistito: ho impugnato l’obiettivo e ho iniziato a scattare.

Consapevolezza di sé di Viviana Corvaia

Avere consapevolezza di sé significa guardare in una direzione diversa, non convenzionale, senza aspettarsi che gli altri siano d’accordo. Significa non temere il giudizio, ma seguire il proprio istinto. Ho scattato questa foto in India, a Bhubaneswar, all’interno di una piccola scuola in una baraccopoli. I bambini erano tantissimi, di età diverse, ma tutti insieme nella stessa classe per mancanza di spazio.

Mi ha colpito il gesto deciso: un pugno alzato verso il cielo, simbolo di libertà, forza e autonomia, mentre gli altri bambini osservavano. Questo gesto rappresenta la capacità di seguire il proprio cammino, anche se diverso dagli altri.

Gestire le emozioni di Mattia Baldelli Passeri

Dovevo realizzare un servizio fotografico per una rivista sportiva nazionale, con protagonista il velocista italiano Delmas Obou. Come location avevo scelto un centro termale di lusso a Pisa, città in cui risiedeva l’atleta. Eravamo solo io e lui, senza assistenti, e dopo aver scattato il book con diversi cambi d’abito sportivi e in diverse sale del centro, gli chiesi se avesse voglia di interpretare il suo ruolo di atleta professionista in un contesto più formale, indossando un abito elegante. Mi guardò un attimo, perplesso, poi accettò e si cambiò in un look da sera.

Lo invitai a posizionarsi al centro della sala, a concentrarsi e a immaginare di trovarsi in una delle sue gare. Delmas chiuse gli occhi, sollevò il busto verso l’alto, come se da un momento all’altro dovesse scattare con tutta la sua potenza, pronto a distruggere la sala. Sentivo la sua carica energetica persino a distanza. In quel momento, potevo osservare come Delmas stesse gestendo le sue emozioni: un attimo prima era tempesta, e quello successivo, quiete. Il mio intento era quello di mettere al centro sia l’uomo che il professionista. Lo scatto piacque molto e venne pubblicato anche su un inserto della Gazzetta dello Sport.

Gestione dello stress di Raj Gobal

Lo stress è sempre stato una presenza costante nella vita degli abitanti dei distretti remoti dell’Himalaya. Dalle condizioni meteorologiche difficili alle infrastrutture inadeguate per la sopravvivenza di base, la loro vita è un percorso arduo. Eppure, c’è una cosa che li sostiene: l’armonia comunitaria. I forti legami familiari giocano un ruolo significativo in questo.

Un nonno che tiene in braccio un bambino sorridente può sembrare un momento semplice e ordinario a molti di noi. Ciò che non vediamo è che il sorriso del bambino infonde ottimismo per affrontare la dura giornata che li attende. Ogni momento condiviso in famiglia viene apprezzato e rappresenta una fonte di forza per sopportare lo stress. Il sorriso di un neonato è uno di questi potenti momenti.

Gestire le relazioni di Carrasco Mohino Miriam

Questa fotografia è stata scattata durante una sessione dedicata ai neonati e alle famiglie nel mio studio. Era la prima volta che incontravo questa famiglia. Abbiamo iniziato con alcune foto meno intime e, col passare del tempo e rompendo il ghiaccio, siamo riusciti a catturare momenti come questo. Volevo regalare ai genitori dei bei ricordi con la loro bambina: la piccola da sola, con la mamma o il papà, e poi tutti insieme. Come madre, so che i neonati si sentono più a loro agio con il contatto pelle a pelle, ed è per questo che ho cercato di catturare questa sensazione di calore che dona al bambino fiducia e benessere.

All’inizio la bambina era un po’ nervosa, ma ben presto si è calmata e ha iniziato a collaborare di più. Più i genitori si rilassavano, più anche lei diventava tranquilla. Per me, questa immagine riflette l’importanza delle abilità relazionali. Sostenere qualcuno di cui ci si fida arricchisce la nostra vita, sia con amici, familiari o colleghi. Comunicazione, empatia, fiducia e vicinanza sono talvolta difficili da costruire con gli altri, ma sono i pilastri di qualsiasi relazione completa e duratura.

Comunicare di Federico Botta

Quasi ogni giorno Antonietta andava a trovare suo marito, Pierin, in ospedale. Entrambi intuivano come sarebbe andata a finire, ma Pierin continuava a lottare.

Ero accanto al letto, con il telefono in mano. Proprio nel momento in cui Antonietta salutava Pierin, ho scattato la foto, senza l’uso di grandi tecnologie, ma semplicemente con uno smartphone. Sono riuscito a catturare questo gesto intenso, un bacio che trasmetteva tutto il loro amore.

Creatività di Mapi Rizzo

Bali, precisamente a Ubud, all’ombra di un albero in una calda e umida giornata di settembre 2016. Vicino a un bar dove stavamo sorseggiando una bibita fresca, compare improvvisamente un bambino, da solo. Si siede accanto a una pianta e mi incuriosisce. Inizia a giocare con la terra del vaso, canticchiando una canzone. Chissà come si chiama, quanti anni ha e perché è così attratto da quella pianta. Le sue mani piene di terra volteggiano, come se stesse cercando di creare qualcosa; il suo volto esprime pace e tranquillità. Sembra danzare.

A Bali, la terra e la natura sono sacre: il cemento è solo un accessorio e non sovrasta la vegetazione rigogliosa. Come Dio ha dato origine alla vita, creandola, lui dà vita alle sue storie di fantasia. Essere creativi significa lasciare qualcosa di sé al mondo che duri in eterno.

«Dove si crea un’opera, dove si continua un sogno, si pianta un albero, si partorisce un bimbo, là opera la vita e si è aperta una breccia nell’oscurità del tempo», H. Hesse

Empatia di Livio Catalano

Ero a passeggio tra i vicoli di Ballarò, un mercato rionale della mia città, Palermo, con la macchina fotografica in mano. Ero sulle tracce delle corse clandestine di cavalli che si tengono in quella zona. Sono riuscito a guadagnarmi la fiducia di alcuni abitanti del luogo, e così ho avuto accesso a una delle stalle nascoste alla vista dei turisti e dei normali frequentatori del celebre mercato. L’empatia è un’intuizione evidente osservando quest’uomo che abbraccia la testa di un nobile animale. In realtà, la stalla è angusta, ventilata in modo inadeguato, con immagini sacre onnipresenti, a protezione di uomini, animali e interessi di ogni tipo.

Un’immagine trasmette un messaggio immediato, probabilmente in parte sincero, ma va anche interpretata nel suo contesto, di cui bisogna cercare di comprendere l’oltre e l’altrove.

Imparare di Patrizia Morotti

33 ore interminabili, a tratti troppo rapide, a tratti troppo lente. Un viaggio nel viaggio, destinazione: Varanasi. Un percorso sospeso nel tempo, nell’attesa di un luogo mai visto prima ma tanto sognato. Un circolo infinito di sguardi curiosi, stanchi, tristi, vivaci, vuoti, malevoli, seducenti, riluttanti. Lo spazio è colmato da un tappeto umano: nugoli di ragazzini creano un incessante vociare. Venditori ambulanti salgono e scendono tra una stazione e l’altra; l’odore di masala chai è onnipresente, insieme a quello di cibo di ogni tipo. Un continuo via vai di persone: chi sale, chi scende, chi cambia vagone; elemosinanti, chiassosi gruppi di Hijra (trans indiani), neonati appesi al fianco di madri troppo giovani, musi di vacche che cercano cibo attraverso le sbarre dei finestrini. Tutto muta continuamente, mostrando sempre nuovi scenari.

Due occhi scuri mi fissano, immobili, da un finestrino del vagone accanto al mio. Mi osservano, senza giudicare, semplicemente mi guardano. Imparo a contemplare il mondo con gli occhi di un bambino.

Aggiornarsi di Vincenzo Orlando

Tengo molto a questa foto, perché rievoca la mia infanzia. Mi torna subito in mente quando ero piccolo, e mio padre mi portava a tagliare i capelli proprio lì. Mi facevano sedere su una poltrona a forma di cavallo, e procedevano al taglio. Ricordo ancora il profumo agrumato che permeava quella bottega. Era un’esperienza piacevole!

I soggetti ritratti nella foto sono due fratelli. Li ho trovati lì, fermi sulla soglia della porta. Ho alzato la fotocamera agli occhi e li ho immortalati in questa immagine. È stato tutto molto istintivo. Negli anni, hanno continuato a lavorare con la stessa maestria artigianale, ma al tempo stesso si sono aggiornati alle nuove mode e tecniche di taglio. Rimarranno per sempre impressi nella mia memoria.

Collaborare di Gionata Gori

Ci sono cose che non si possono fare da soli, sia in amore che nel lavoro. Ecco perché la collaborazione assume un ruolo fondamentale, sia nel progetto di una vita che in quello di un business. Collaborare significa avere fiducia: è il segreto del successo.

Questo scatto rappresenta un momento significativo, catturato in linea con il mio approccio fotografico. Fotografo per passione, per piacere personale, e trovo stimolante quando una fotografia riesce a trasmettere qualcosa di concreto. A volte mi diverto a creare post per i social, abbinando una mia foto a un tema specifico. Questa volta l’ho fatto con e per Iljá, che ringrazio per questa opportunità.

Gestire un gruppo di Raffaele Bongiorno

Mi trovo nella cucina di un ristorante, come al solito, nel pieno del servizio. Mi piace fotografare il lavoro degli altri, specialmente il lavoro di squadra, dove un leader deve saper gestire il gruppo. Forse la lezione più grande che questo mestiere mi ha insegnato è la capacità di osservare. In silenzio, nel caos che regna in una cucina in movimento.

Anche lo Chef osserva, ma non in silenzio: legge gli ordini che arrivano dalla sala, controlla griglia e bollitori, supervisiona il lavoro dei suoi collaboratori. Deve bollire il polpo e lo vedo mentre si accinge a metterlo in acqua. Mi guarda e mi chiede se voglio fare una foto. Rispondo di sì, e nella frenesia del servizio scatto la foto: un solo scatto, “one shot”.

Supportare di Antonio Lo Cascio

Lasciarsi supportare è un atto di grande fiducia: delegare una parte del controllo, accettare di esporsi e rendersi vulnerabili.

Anche creare una fotografia è un atto di fiducia: ti affidi ai membri della tua squadra, lasciando loro il controllo di alcuni aspetti tecnici o creativi, certo che raggiungerete insieme il giusto equilibrio. L’immagine che realizzerete sarà così la sintesi compiuta della tecnica e delle emozioni di ciascuno. Foto tratta dal progetto “La belle et la bête”.

Dirigere di Stefano Scalia

Dirigere un’azienda come Armani non è semplice: oltre al talento, servono passione, dedizione, amore e creatività. Ho scattato questa foto un anno fa, passeggiando per via Montenapoleone, la strada della moda a Milano. Non l’ho scattata perché ho visto Giorgio Armani sistemare un manichino in vetrina; l’ho scattata per immortalare un uomo e la sua passione. Nonostante abbia migliaia di dipendenti e potrebbe trascorrere le giornate ai Caraibi, lui era lì, da solo, a vestire il suo manichino.

Oggi lo stesso uomo ha trasformato le sue fabbriche per produrre camici usa e getta per i medici – si ricorda che questo progetto è nato nel periodo della pandemia. Non sei grande per quanti soldi hai, sei grande per ciò che fai.

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